giovedì 16 febbraio 2017


La Leggenda del Grande Padre







Il vento turbinava incessante e freddo portando con sé i fiocchi di neve candida che sembravano danzare nell'aria come tante farfalle bianche, senza riuscire a posarsi, malgrado la terra ne fosse ormai ricoperta di uno strato spesso e perenne.

Edward, con il fiato che si condensava in tante nuvolette, si fermò un attimo a guardarsi intorno cercando di distinguere nella tormenta qualche punto di riferimento per evitare di perdersi. Davanti a sé l' ampia pianura si perdeva a vista d'occhio, tutta uguale e tutta maledettamente bianca e fredda.

Vestito interamente di pellicce per difendersi dal gelo, solo gli occhi verdi e profondi spuntavano dalla sciarpa e dal cappuccio che gli proteggevano la testa.

Seth, il suo amico lupo, dallo spesso mantello morbido e folto dalle molte tonalità di grigio e gli occhi di ghiaccio, cercò di attirare la sua attenzione dandogli impaziente una colpo contro la mano con il muso tutto bianco. Lui sapeva benissimo che non conveniva rimanere fermi ed esposti alla vista di chiunque troppo a lungo.

Da quando il meteorite era caduto sulla terra cinque generazioni prima, il modo di vivere degli uomini era drasticamente cambiato, così come il clima diventato gelido e inospitale.

Il pianeta, su cui ormai l'uomo era diventato un animale raro, a causa dell'impatto fortissimo, si era allontanato dal sole e adesso era costantemente avvolto da una nuvola di polvere e neve che non lasciava passare mai il calore necessario a sciogliere quel manto di ghiaccio ormai perenne.

I raggi del sole, non riuscivano a penetrare quella fredda barriera e gli uomini, ormai allo sbando, avevano dimenticato il vecchio modo di vivere e la tecnologia ritornando indietro nel tempo ad uno stile si vita assai più primitivo.

Tutto era cambiato e tutto era stato dimenticato, poiché la maggioranza della popolazione umana si era estinta nell'impatto e la restante era sopravvissuta a stenti e fatica.

Il nonno di Edward, quando quest'ultimo era ancora un bambino curioso, gli aveva raccontato molte favole a sua volta ereditate dal nonno di suo nonno. Parlavano di strani oggetti costruiti di ferro in grado di camminare da soli, di scatole parlanti e di uccelli che sfrecciavano nel cielo lasciando lunghe scie bianche, ma soprattutto di prati fioriti e cieli azzurri illuminati dai raggi ridenti del sole. E del caldo, quel desiderio perenne e quella sensazione ormai dimenticata , che avrebbe permesso di girare loro senza pellicce addosso e il germogliare della pianura che li circondava in mille colori invece dell'attuale distesa perennemente bianca.

Edward amava quelle favole inventate, che si tramandavano da generazione in generazione, amava le fantasie che creavano nella sua mente e le ascoltava avidamente sognando un mondo diverso mentre aiutava la mamma a cucire o conciare le pelli, oppure quando più grande accompagnava il padre a raccogliere la legna o imparava la difficile arte della caccia.

Era nato venticinque anni prima in un piccolo villaggio poco lontano da quello in cui adesso viveva e dove le poche persone che formavano quella ristretta comunità condividevano tutto per cercare di sopravvivere. Adesso ormai adulto era sposato con Bella, una delle poche ragazze originarie del villaggio, e aveva una bambina dal nome Renesmee che aveva festeggiato poche settimane prima i dieci anni. Una piccola donna. Una delle rare speranze di sopravvivenza del villaggio e del genere umano.



Edward la mattina precedente aveva preso alcune provviste e baciato sulla fronte le due donne che amava più della sua vita poi, con Seth, si era allontanato senza più girarsi diretto verso l'ampio bosco alla base delle montagne.

Bella, dal canto suo, lo aveva salutato con le lacrime agli occhi per la paura di non rivederlo più ma sapeva anche che, se uscire dal villaggio in cui vivevano era pericoloso, non andare a caccia significava morire di fame. E così, malgrado i rischi a cui si esponeva tute le volte, Edward aveva dovuto partire ed affrontare il freddo e i pericoli che quelle scorribande celavano costantemente. Per Bella l'unica consolazione era che con lui c'era Seth, il fedele compagno di avventure con cui Edward era cresciuto.

Il lupo che lui considerava ed amava come un fratello. Il lupo pronto a sacrificare la vita pur di difendere il suo padrone e la sua famiglia.



Si Seth. Purtroppo non riusciremo ad arrivare al villaggio prima che la luce svanisca. E' ancora troppo lontano e non mi va di accamparmi nella pianura per passare la notte, è troppo esposta ai pericoli. Andiamo a cercare un posto che ci permetta di proteggerci da questa tormenta e dal freddo di questa notte. Domani con il chiaro potremo finalmente tornare a casa.”

Poi con un sospiro Edward si girò e rientrò nel fitto bosco che aveva lasciato alle sue spalle. Accamparsi in quella bianca e uniforme distesa sarebbe stato da pazzi, mentre lì sicuramente avrebbe trovato qualcosa per nascondersi dal freddo e dai pericoli che l 'avvento di quella nuova era aveva portato con sé.

Non solo il meteorite aveva sconvolto la vita sulla terra e distrutto la civiltà umana, ma l'aveva arricchita di una nuova razza pericolosa e bellicosa: gli Uomini-Serpe.

Con il corpo simile a quello umano, questi nuovi e inopportuni inquilini, abituati a vivere nascosti nelle profondità della terra, si erano subito ambientati colonizzando il pianeta malgrado il clima rigido. Scavavano, infatti, le loro tane nelle profondità del terreno dove il gelo non riusciva a penetrare e ne uscivano soltanto per depredare i villaggi dei pochi umani superstiti. Edward, come tutti, non sapeva esattamente il perché lo facessero, ma gli Uomini-Serpe, chiamati così a causa della loro pelle che sembrava ricoperta di squame verdognole, attaccavano i villaggi senza rubare nulla, solo uccidendo gli adulti e portandosi via con sé i bambini.

Quale fosse la sorte di quelle povere creature innocenti rapite, nessuno lo sapeva.

E nessuno poteva o voleva scoprirlo perché nessun adulto sopravviveva mai ai saccheggi dei villaggi per cercare di svelare il mistero.

Erano poco più di bestie, feroci e crudeli e gli uomini armati di piccole lance, coltelli di selce e qualche antica arma di ferro sopravvissuta al meteorite, cercavano di difendersi costruendo villaggi fortificati, in modo da impedire il loro ingresso all'interno.

Villaggi proprio come quello che Edward aveva lasciato quella mattina per andare a caccia nel bosco, l'unico luogo ancora abitato da qualche raro animale.

Era stato fortunato ad imbattersi velocemente nel camoscio che adesso si trascinava dietro legato ad un palo e quando trovò uno spuntone roccioso tanto grande da potersi rannicchiare sotto per proteggersi dalla neve e dal vento freddo, Edward iniziò a scuoiare e pulire la sua preda. Portarsi dietro solo le parti utili gli avrebbe risparmiato parecchia fatica il giorno dopo e gli avrebbe permesso di attraversare più velocemente la pianura, esposta e pericolosa.

Con il coltello levò, con meticolosa attenzione per non danneggiarla, la pelle sfregandola poi con forza sulla terra e il pietrisco in modo da ripulirla il più possibile.

La carne invece la fece tutta a piccoli bocconi, prestando la massima perizia per non sprecare nemmeno una piccola parte del suo prezioso bottino.

Finita quella lunga e faticosa operazione per premio si arrostì qualche succulento bocconcino sul piccolo fuocherello fatto di legnetti secchi. E ovviamente qualche boccone crudo lo elargì volentieri a Seth insieme a qualche osso da sgranocchiarsi. In fondo era stato lui a fare il lavoro più difficile trovando con il suo fiuto e abbattendo con la sua agilità e potenza la preda per il suo amico umano.

Il resto del bottino invece fu seppellito nella neve in modo che congelasse e non andasse a male. A casa Bella lo avrebbe scongelato di volta in volta per cucinarlo mentre una buona parte sarebbe stato donato ai vicini del villaggio che a sua volta avrebbero all'occorrenza elargito erbe medicinali, pelli, legna e tutto quello di cui avrebbero avuto bisogno. La condivisione delle risorse era infatti il modo più comodo e più semplice, per sopravvivere tutti in quel clima ostile. La piccola comunità sapeva che aiutarsi l'un con l'altro era l'unico modo per poter affrontare gli ostacoli che ogni giorno mettevano a rischio la loro vita. E come tutte le altre cose anche i loro figli, piccoli miracoli di vita, venivano accuditi e cresciuti in comunità e assieme avrebbero vissuto o sarebbero morti.



La notte passò veloce ed Eward ancora una volta ringraziò la presenza di Seth che rannicchiato vicino a lui sotto la coperta contribuì a scaldarlo abbastanza da consentigli di non perdere una mano o un piede a causa del gelo, e la mattina, mettendosi sulle spalle lo zaino, adesso molto più grosso e pesante a causa della carne congelata, riprese il cammino con la tenue luce che gli illuminava la pianura davanti a sé.



Dopo pochi passi fatti sulla quella piatta distesa di neve lui si voltò a guardare le montagne dietro alle sue spalle. Sembravano tanti denti aguzzi che si stagliavano lontani e scuri contro il cielo. Un giorno sarebbe salito lassù, si disse, solo per poter vedere cosa c'era oltre e se quel pazzo di Mike aveva raccontato la verità.

Il suo amico infatti sosteneva con veemenza di aver incontrato alcuni anni prima un vecchio, poi spirato fra le sue braccia, che gli aveva narrato di un posto al di là delle cime montuose dove il terreno era completamente verde e il sole illuminava e scaldava la valle da lui chiamata Eden.

Ma Edward era sicuro che l'Eden non esistesse e che il vecchio avesse delirato in punto di morte. E poi valicare le montagne era impossibile, si disse con un sospiro, volgendo i piedi e la mente nuovamente verso casa e il suo amore che l'attendeva.





A metterlo in allerta fu per prima la colonna di fumo scura che scorse all'orizzonte, poi il comportamento di Seth che con il pelo dritto annusava per terra e nell'aria emettendo bassi ringhi di paura.

Il fumo. Edward non poteva sbagliarsi. La striscia grigia e densa che si alzava nel cielo da dove avrebbe dovuto esserci il suo villaggio era troppo grande e scura per rientrare nella normalità.

Con la paura come compagna, il cuore che batteva tanto forte da rimbombargli nelle orecchie, l'adrenalina che scorreva impetuosa nelle vene, iniziò una folle corsa per raggiungere la sua famiglia. Non si guardò più in giro, smise di controllare e nascondersi per la paura degli uomini-serpe. L'unica cosa che contava era correre da loro. Era poter riabbracciare sua moglie e sua figlia.

Seth più agile e leggero lo precedette ed Edward lo vide sparire dietro alle porte sfondate della recinzione che avrebbe dovuto proteggere gli abitanti e tenere fuori i nemici.

Senza fermarsi in preda ad un terrore cieco, si fiondò dentro per poi immobilizzarsi di colpo.

Le capanne bruciavano e i corpi dei sui amici erano sparsi per terra riversi nella desolazione della morte. Gli occhi gli bruciavano. Forse era colpa del fumo o forse più probabilmente si stava rendendo conto dell'accaduto.

Stava infatti iniziando a realizzare che ciò che aveva lasciato il giorno prima non c'era più.

Con le guance rigate di lacrime salate che cristallizzavano irrigidendo la sciarpa, Edward iniziò ad avanzare lentamente guardandosi intorno sotto shock pregando che qualcuno lo svegliasse da quell'incubo orrendo.

Furono i guaiti disperati di Seth ad attirare la sua attenzione. Il lupo accucciato per terra piangeva sommessamente leccando il viso della sua padrona.

Bellaaa!”

L'urlo gli uscì dalla gola con la voce roca mentre in preda alla disperazione si precipitò, verso il corpo riverso di sua moglie: della donna che amava, della sua compagna di vita, di colei che aveva generato la sua bambina.

Bella era immobile.

Il corpo semi assiderato coperto dalla neve la faceva assomigliare ad una bambola di ceramica ed era talmente bianca in viso da sembrare una macabra scultura di ghiaccio.

Con dolcezza, Edward l'abbracciò stringendola convulsamente a sé, baciandole le guance gelide, cercando di riscaldare quel corpo freddo e immobile con il suo.

Bella” ripeté singhiozzando accarezzandole e spostandole dal viso esanime i lunghi capelli marroni coperti di cristalli bianchi.

Ed...ward” il suo sussurro fu poco più di un mormorio indistinguibile nel vento.

Bella sono qua. Resisti tesoro.” le rispose lui sollevato e disperato nel contempo mentre si apriva la giacca di pelliccia per scaldarla con il tepore del suo corpo.

Per me è troppo tardi. Non sento più nulla. Vai via Edward. Corri a cercare la nostra Renesmee, la nostra bambina” mormorò lei con un filo di voce impercettibile cercando di alzare le palpebre pesanti per guardare un ultima volta in viso il suo amore. Poi con un ultimo sforzo che sembrava titanico, incerta e tremante alzò un braccio per sentire il calore del suo viso, il profilo della sua mandibola squadrata, le lunghe ciglia che valorizzavano i suoi occhi verdi e magnetici che l'avevano fatta innamorare di quel ragazzo del villaggio vicino con cui il padre scambiava beni.

Adesso penso a tè. Costruisco una capanna, ti accendo un fuoco...” come poteva chiedergli di lasciarla lì a morire? Lui doveva salvarla!

Sto morendo amore mio. Per me è ormai troppo tardi. Il mio corpo è spezzato e congelato. Ma la nostra Renesmee è viva. Gli Uomini-Serpe hanno catturato anche lei insieme agli altri bambini. Devi trovarla! Devi salvare il frutto del nostro amore... ti prego. ”

Edward la guardò sconvolto sentendola tremare violentemente mentre stringeva forte la sua mano gelata per cercare di trattenerla con sé. Non era pronto a lasciarla andare via, ma Bella con un ultimo soffio di vita e un sorriso stentato gli mormorò con un filo di voce “ Addio, Edward, adesso devo proprio andare...” poi con un ultimo gemito soffocato spirò fra le sue braccia.





Sconvolto da quella perdita, piangendo sommessamente, continuando a stringerla a sé con la speranza che si svegliasse nuovamente, che non lo abbandonasse, Edward rimase lunghi minuti con il corpo di sua moglie adagiato fra le braccia, incapace di lasciarlo, incapace di arrendersi all'evidenza. La chiamava e l'accarezzava in lacrime nel tentativo disperato di richiamarla indietro.

Ma lei era morta. Il suo amore non c'era più. Lo aveva lasciato.

Sarebbe stato tanto facile sdraiarsi lì al suo fianco ed aspettare che il freddo prendesse anche lui portandolo dove era andata lei. Tanto semplice e confortante ma completamente assurdo.

Aveva una figlia ancora viva. Aveva la sua bambina per cui continuare a vivere e per cui lottare.

Gli Uomini-Serpe, l' avevano catturata e lui Edward l' avrebbe liberata. Lo doveva a Bella, lo doveva al loro amore ormai distrutto.



Ecco perché con la forza della disperazione scavò il più velocemente possibile nella terra gelata una fossa dove calare il corpo della sua Bella, ecco perché con le mani ancora sanguinanti e il dolore per compagno, senza perdere altro tempo se non quello di recuperare qualche oggetto utile, si mise con Seth sulle tracce di quelle bestie assassine.



Il lupo gli faceva strada. Se la neve che continuava a cadere incessante copriva le orme dei rapitori, il naso di Seth non si faceva ingannare e seguiva il loro odore caratteristico senza difficoltà.

Avevano diverse ore di vantaggio ma lui non si sarebbe arreso. Avrebbe corso fino allo sfinimento, avrebbe lottato e forse sarebbe morto nel tentativo di salvare la sua bambina. Non avrebbe abbandonato il frutto del suo amore al suo destino, né lei né gli altri piccoli che si erano portati via.

Gli uomini-serpe avrebbero pagato per quello che avevano commesso, lui Edward Cullen avrebbe ucciso e avrebbe riportato a casa, a qualsiasi costo, sua figlia !



Edward correva incurante del tempo che passava e del buio che sopraggiungeva. Neppure quando calò la notte si fermò. L'unica pausa che si concesse a metà pomeriggio fu per bere un po' d'acqua e per spartirsi qualche pezzetto di carne affumicata prelevata dai resti delle capanne, con Seth, poi sempre seguendo il suo lupo riprese implacabile e instancabile la caccia.



La neve cadeva lenta. Il vento si era leggermente placato ed il grosso cratere, dove avevano le tane gli Uomini- Serpe, era ormai vicino, ma questo lui non poteva saperlo.



Edward si fermò per prendere fiato e stirare la schiena indolenzita dal peso dello zaino. Poi tirata fuori un bicchiere sciolse un po' di neve da poter bere per lui e Seth.

I bambini non erano lontani visto che poteva vedere alcune tracce non ancora coperte dalla neve lasciate dal piccolo gruppo che stava inseguendo.

Probabilmente si trovavano dietro alla collina che in quel momento gli faceva da riparo. Ma se voleva affrontare quelle bestie con una minima speranza di successo, doveva essere riposato e lucido. La cosa più difficile fu tenere Seth al suo fianco tranquillo, perché il lupo con il pelo dritto continuava a ringhiare sommessamente annusando l'aria e guardandosi intorno con gli occhi semi chiusi come se scrutasse la morte in arrivo.

Era un guerriero e come tale voleva affondare i suoi denti nella gola di chi aveva osato fare del male alla sua famiglia adottiva.



Edward dopo essersi rifocillato e riposato si affacciò strisciando lentamente dalla cima dell'altura che lo proteggeva dai loro sguardi. E li vide. Vide i bambini e la sua Renesmee avanzare con difficoltà nella neve. Erano legati tutti assieme da lunghe e pesanti corde che bloccavano loro le mani e le caviglie. Sembravano tante bestie portate al macello.

Il più grande Emmett era in cima alla colonna, dietro a lui c'era un bambino più scuro di carnagione che Edward non riconobbe, mentre in fondo la piccola Alice era appena caduta per terra e piangeva disperata mentre uno di quei mostri usciti dai peggiori incubi degli uomini la stava prendendo a calci per farla rialzare.

Il piccolo Jasper, con fare bellicoso si intromise tra i due cercando di allontanare l'Uomo-Serpe per proteggere la bambina impaurita ma l'unica cosa che ottenne fu un calcio che lo fece cadere a sua volta addosso alla piccola Renesmee che osservava terrorizzata ed impotente la scena.

Stai fermo” l'ordine di Edward bloccò Seth che era già pronto ad avventarsi su quella bestia squamosa per proteggere la sua piccola padroncina, la sua sorellina senza peli, che era chiaramente in procinto di crollare come l'altra bambina.

Il lupo voltò fieramente il muso verso di lui ed emise un piccolo mugolio di protesta per nulla soddisfatto dell'ordine ricevuto. I suoi occhi brillavano di ira e sembrava che gli stesse parlando, che stesse protestando per quell'imposizione del suo amico che non capiva.

Ma Edward sapeva che in uno scontro diretto con gli uomini-serpe avrebbero avuto la peggio. Non voleva morire, non poteva rischiare di fallire, perché sapeva che era l'unica speranza per quei bambini, l'unica speranza per sua figlia.

Loro erano in sei. Gli uomini del suo villaggio si erano battuti bene portando con loro nel lungo viaggio della morte diversi Uomini-Serpe. Ma erano troppi ugualmente per affrontarli a viso aperto.

E così con il cuore che sanguinava, con il dolore che scavava nel suo petto una caverna piena solo d'ira, decise di aspettare. Silenziosamente come un fantasma scivolò indietro da dove era venuto e si nascose raggomitolandosi in un buco scavato nelle neve tenendo vicino a sé Seth. Era meglio dormire e riposare.

Anche gli Uomini-Serpe furono costretti a fermarsi. Chiaramente i bambini erano troppo stanchi per continuare a marciare e la piccola Alice non faceva che cadere rallentando il cammino di tutti. La soluzione più facile sarebbe stata quella di ucciderla e levarsela dai piedi, ma era impensabile per quegli esseri avidi. Era un essere giovane e sana. Sarebbe stata un ottimo nido per la riproduzione.

Così si fermarono e i bambini infreddoliti, spaventati, affamati e stanchi si rannicchiarono uno vicino all'altro cercando di confortarsi e di scaldarsi a vicenda. Presto le lacrime di Alice smisero di scorrere quando fra le braccia di Renesmee, che la coccolava, si addormentò sfinita.

Emmett divise i minuscoli pezzettini di cibo che gli vennero consegnati fra di loro controllando che Rosalie non mangiasse più degli altri mentre il piccolo Jasper regalò la sua razione ad Alice sperando che il cibo le desse l'indomani la forza di camminare. Anche il bimbo sconosciuto accettò il cibo da Emmett e lo divorò avidamente con un cenno di ringraziamento verso il bambino più grande.

Nessuno di loro sapeva cosa li attendeva e lo spirito di sopravvivenza messo a dura prova dalla loro breve vita era già molto sviluppato. Abituati a combattere contro il freddo, la fame e la paura, cresciuti in un ambiente al limite della sopravvivenza, già in grado di lavorare affianco agli adulti del villaggio, i bambini erano dei piccoli uomini e delle piccole donne capaci di aggrapparsi alla speranza e al desiderio di vivere come unico scopo di vita.



Era notte fonda quando Seth, con un balzo improvviso, squarciò la gola al primo Uomo-Serpe mentre Edward affondava il suo coltello nella schiena della seconda sentinella tappandogli nel contempo con la mano libera la bocca contenente una lunga lingua biforcuta nera.

Ma i nemici di guardia erano tre, e il terzo mostro, quando si accorse dell'accaduto, emise un verso spaventoso e ripugnante svegliando gli altri compagni mentre si precipitava correndo contro Edward con gli artigli al posto delle mani pronti ad ucciderlo.

Seth, però non si distrasse e gli saltò sulla schiena facendolo ruzzolare due secondi prima che questi colpisse Edward intento a finire il suo avversario, mentre gli altri tre incubi venuti dal cielo si scagliarono contro di loro emettendo sibili spaventosi.

E poi fu il caos.

Edward cercava di combattere con il suo coltello, evitando i loro colpi e i loro artigli ma soprattutto le loro lingue biforcute che lunghe e forti cercavano di arrotolarsi sul suo collo per soffocarlo. Anche Seth con i suoi denti e le sue unghie affilate si batteva ringhiando disperato. Lui voleva salvare i suoi padroni a qualsiasi costo.

Ma gli Uomini-Serpe non erano da meno. Sapevano uccidere, lo facevano con gioia e lo avrebbero nuovamente fatto senza alcun ripensamento.

Il corpo a corpo durò alcuni lunghi ed estenuanti minuti mentre i bambini gridavano avvertimenti e scagliavano palle di neve negli occhi o sul viso dei loro carcerieri.

Infine Edward, con tutta la forza che gli restava, si girò di scatto, e d'istinto infilò il suo coltello dentro la bocca aperta del mostro che da dietro lo stringeva con la lingua minacciando di soffocarlo.

La bestia si accasciò esanime ed Edward tagliata quella schifosa protuberanza che lo stringeva al corpo del nemico morente, si guardò intorno alla ricerca di un nuovo pericolo.

Ma in piedi adesso c'era solo lui.

Gli Uomini-Serpe erano tutti morti e giacevano nella neve macchiando il candido suolo con il loro schifoso sangue verde.

Edward ancora incredulo si lasciò scivolare in ginocchio respirando velocemente, cercando di riprendere il controllo di sé e di calmare i battiti del cuore. Era vivo, ce l'aveva fatta!

Papà!” La voce di Renesmee lo riscosse e lo costrinse ad alzare lo sguardo incrociando così quello spaventato della sua bambina.

Lì inginocchiata sulla neve con ancora le corde che gli stringevano i polsi la sua amatissima creatura lo osservava piana di stupore e gioia.

Senza attendere altro Edward si alzò e corse dai bambini liberandoli tutti dalle corde per poi subito abbracciarsi stretto la sua piccolina e scoppiare assieme a lei in un pianto liberatorio. Aveva avuto tanta paura di perderla, di deludere Bella che aveva sperato in lui, di morire nel tentativo inutile di liberarla. E invece! Invece erano nuovamente insieme e liberi, sebbene ancora in pericolo.



Poi con un sospiro Edward alzò nuovamente gli occhi e incontrò quelli pieni di lacrime degli altri bambini del villaggio che si erano avvicinati titubanti. Non ci voleva molto a capire. Lui era chiaramente solo, e questo significava che nessuno dei loro genitori era sopravvissuto, e il sollievo di sapere che erano salvi si stava trasformando in angoscia per il futuro.

Edward allora spalancò nuovamente le braccia invitandoli ad unirsi a lui, accogliendoli in quel nido d'amore che avevano tutti disperatamente bisogno. E insieme si strinsero forti mentre la neve continuava a cadere ricoprendoli di bianco e andando a cancellare lentamente le tracce del combattimento.

Papà può venire anche lui con noi?” la voce di Renesmee riscosse Edward che alzato gli occhi si accorse che nel suo abbraccio mancava il bambino a lui sconosciuto che intimidito non aveva osato avvicinarsi.

Come ti chiami?” gli chiese.

Jacob. Il mio nome è Jacob.” rispose prontamente il bimbo senza avere però il coraggio di guardarlo.

Il piccolo si fissava ostinatamente i piedi dondolando sul posto. Stava dimostrando di essere un duro, pensò Edward con un sorriso. “Vuoi venire con noi Jacob. Vuoi diventare mio figlio come loro?”

Il bambino alzò gli occhi e lo fissò un attimo pieno di meraviglia e di sollievo, prima di fare un balzo e finirgli fra le braccia dove Edward si affrettò a stringerlo assieme agli altri.

Si sarebbe preso cura di loro. Di tutti loro. Pensò rendendosi conto che lui era la loro unica possibilità di sopravvivenza, il loro unico punto d'appoggio.

Poi all'improvviso come un lampo che squarcia le nubi Edward si rese conto che mancava qualcosa a quel quadro idilliaco e mentre allungava ai bambini lo zaino per permettergli di rifocillarsi si guardò intorno con l'angoscia che gli deturpava il bel viso in una smorfia spaventosa.

Fu allora che lo vide.

Seth giaceva poco lontano da loro, il corpo peloso ormai ricoperto dalla neve, freddo e immobile nella morte.

Nooo” l'urlo di Edward rimbombò nella pianura facendo sussultare i bambini spaventati, mentre correva verso il corpo del suo fratello peloso.

Inginocchiato nella neve se lo strinse convulsamente a sé e diede libero sfogo alle lacrime che non riusciva più a trattenere. Pianse per lui e per Bella, pianse per gli abitanti del villaggio che aveva conosciuto ed amato. Pianse per la vita che aveva perso e per il futuro incerto che l'attendeva e guardando Seth fra le sue braccia si rese conto di quanto gli sarebbe mancato.

Lo aveva trovato nella neve da solo e salvato quando era solamente un cucciolo indifeso, lo aveva allevato e condiviso con lui ogni cosa e adesso Seth aveva restituito con orgoglio e fierezza il dono della vita che aveva ricevuto a suo tempo da Edward.



Il buon senso avrebbe suggerito ad Edward di scuoiarlo e prendere la sua carne, ma non poteva farlo, non a lui. Così, aiutato dai bambini, si limitò a seppellirlo nella neve ai piedi della collinetta. Poi preso un grosso masso lo rotolò sopra quella tomba improvvisata per nascondere il suo corpo da eventuali predatori e per segnare il luogo in cui avrebbe riposato per sempre.

Addio Seth. Addio amico mio. Non mi dimenticherò mai di te” lo salutò un ultima volta il mattino seguente quando condusse via i bambini riposati, verso il bosco, l'unico posto che conosceva in cui forse avrebbero potuto essere al sicuro dagli Uomini-Serpe.



Stringendo Renesmee con una mano e Jacob con l'altra osservava davanti a se camminare Emmett e Rosalie per mano, preceduti da uno spavaldo Jasper che faceva strada, mentre la piccola Alice, con i piedi ancora doloranti, era arrampicata sulle sue spalle.

Erano una buffa colonna, fatta solo di speranza, pensò Edward quando alzando gli occhi verso le montagne vide stupito per un attimo brillare i ghiacciai sulle loro punte.

Allora il sole esiste!” esclamò pieno di stupore .

Forse il vecchio non aveva mentito a Mike. Forse sul serio dietro alle montagne esisteva una valle verde e il sole caldo.

Forse quello era un segno del destino, meditò, sorridendo ai bambini che ignari di tutto camminavano a testa bassa per ripararsi dalla neve che aveva ripreso a cadere più fitta su di loro...

Forse l'Eden non era una favola come pensava e se lo avessero trovato...



* * *



E la realtà divenne storia, la storia divenne leggenda, e la leggenda si tramandò da generazione in generazione, finché molte centinaia di anni dopo nella valle chiamata Eden un bambina, riparandosi gli occhi dal sole, chiese a sua madre “Mamma mi racconti ancora una volta la Leggenda del Grande Padre ?”



La donna gli sorrise e annui mentre si chinava sulla verde pianura a raccogliere un fiore bellissimo dai petali bianchi screziati di nero, che portava il nome di Seth, e che era il simbolo della loro comunità.

E mentre stringeva fra le dita quel lungo e forte stelo verde con la voce dolce e impostata iniziò a raccontare “ Il vento turbinava incessante e freddo portando con sé i fiocchi di neve candida che sembravano danzare nell'aria come tante farfalle bianche...”





FINE

Nessun commento:

Posta un commento